Ritardataria giustificata (c'era il giro d'Italia e Milano è un bordello budello), mi preparo a onorare la giornata mondiale contro l'omofobia.
A Milano si fa così.
Ci si mette un cencio in bocca, ci si siede per terra tutti vicini all'angolo di Piazza Duomo, e si contano 30 minuti di silenzio.
Bavagli finiti (segno di successo, no?), a bocca asciutta, libera, ma serrata mi siedo nella massa.
Trenta minuti sono lunghi, soprattutto con il grugno.
Ma in tanti paesi i gay sono vittime, discriminati, reietti.
E il silenzio, o quasi, ci sta.
A bassa voce.
"Lui è un mio collega, ci siamo trovati qua".
"Ah, piacere. Gaia. Ciao"
"Ciao, Andrea"
"Lei è la mia migliore amica, Paola, che sta con Stefania"
"Piacere"
"Piacere"
"Siamo con loro, due compagne di università"
"Ciao, ciao"
Trenta minuti sono lunghi, ma passano.
Bavaglio e grugno, via.
Ora onoriamo l'omofobia come piace a me.
Chiacchiere e risate.
Aperitivo, vecchi e nuovi amici invitati.
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