10 marzo 2012

Out


Vivere la vita da donna gay dichiarata, lavoro-casa-famiglia-censimento, ha pregi e difetti.
Pregi, perché dopo un po', ti dimentichi del tutto di essere diversa, o forse diversa. Difetti, perché dopo un po', se lo dimenticano anche gli altri.
Ecco allora che una tua collega, presa dall'entusiasmo di un venerdì pomeriggio che si avvicina alla fine, urla attraverso la redazione: "Contenta che venga a trovarti la tua ragazza, questo week-end?".
Entusiasmo che prima di arrivare a destinazione attraversa il mio capo.
Succedeva qualche settimana fa. Da allora, qualcosa è cambiato.
Il capo sorride meno. Ha un'espressione un po' rigida quando mi guarda. Non innervosita, non antipatica: di plastica.
Parliamo di lavoro senza sfiorare territori delicati, il mio tempo libero è off-limits.
Di discriminazione ovviamente non si può parlare, sarebbe in torto lui, spalle al muro di fronte alla legge, alla società e alla tanto proclamata diversity.
Anche perché nessuno potrà mai dimostrare la causa di questo cambiamento, reale o percepito.
Io? Lei? L'articolo da mettere a posto? Un dolore alla schiena tornato in modo improvviso quel venerdì pomeriggio?
Che in fondo a me non interessa.
E neanche a lui, dato che quando ieri ho presentato le dimissioni, è tornato a sorridere.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Dimissioni non dipese dalla sua 'espressione plastica' spero.

Josephine

Gaia ha detto...

Never. Ci si dimette per mettersi in un posto migliore.
(speriamo)

Patalice ha detto...

...io per partito preso e perché ho la capoccia dura non mi sarei dimessa, anzi avrei limonato all'entrata dell'ufficio senza ritegno, come neppur il peggior adolescente infuocato avrebbe fatto...